“Tumore allo stomaco. Oltre mille decessi in meno dal 2015. Ma il 20% dei pazienti non sopravvive per malnutrizione” ottima notizia, velata però dalla inquietante (e evitabile, almeno in gran parte) percentuale dei decessi causati dalla assente o errata gestione nutrizionale nel post-operatorio. Ce ne dà notizia Quotidiano Sanità in un ampio e completo articolo.
La notizia giunge dal “3° Seminario di Studi sulla Nutrizione nei Gastroresecati” organizzato dall’Associazione “Vivere senza stomaco, si può” Onlus” , leggiamola “Grazie a cure più efficaci e innovative i tassi di mortalità per cancro gastrico previsti per il 2020 rispetto al 2015, registrano nel nostro Paese un calo mai avvenuto prima: -20% nelle donne e -11% negli uomini. Tuttavia questi importanti risultati rischiano di pregiudicare cure e anni di vita, ancora oggi solo un paziente su 3 sopravvive a 5 anni dalla diagnosi.”
Ma a cosa si deve questa situazione così critica, in grado di vanificare almeno in parte gli ottimi risultati delle cure? L’elemento critico sta nella “mancanza di percorsi nutrizionali adeguati e di esperti di nutrizione clinica negli ospedali e sul territorio fin dalla diagnosi”.
Per Stefano Cascinu, professore di Oncologia Medica e Direttore del Dipartimento di Oncologia all’Università Vita e Salute, San Raffaele di Milano, è importante sottolineare quanto necessario per migliorare risultati terapeutici già lusinghieri, soprattutto con diagnosi più precoci “è necessario proseguire e rafforzare percorsi virtuosi – sottolinea Cascinu – A cominciare dal lavoro di squadra di chirurghi, gastroenterologi, oncologi, nutrizionisti clinici ed endoscopisti e da una maggiore attenzione anche a sintomi più lievi, che non vanno trascurati. Spesso infatti la gastroscopia è eseguita dopo mesi di trattamento con farmaci antiacidi contro il reflusso, tra i più consumati dagli italiani, che fanno diventare più morbida la mucosa e ‘annacquano’ i disturbi premonitori della neoplasia, rischiando di nascondere piccole forme tumorali. Ciò può causare – conclude Cascinu – l’accertamento della malattia in fase più avanzata e dunque aumentare il rischio di mortalità. Sarebbe necessario invece cambiare la sequenza temporale ed eseguire prima la gastroscopia e poi passare al trattamento con antiacidi”
Veniamo ora al tema nutrizione, nelle parole di Maurizio Muscaritoli, presidente della Società Italiana di Nutrizione Clinica e Metabolismo (Sinuc) “In questi ultimi anni, grazie anche al supporto delle associazioni dei pazienti, abbiamo assistito a una maggiore consapevolezza della centralità della nutrizione clinica, prima del tutto trascurata, che impattando sull’efficacia e tollerabilità delle cure può avere contribuito a ridurre la mortalità, anche se ancora mancano dati scientifici – afferma Muscaroli – ma i bisogni nutrizionali dei pazienti sono ancora troppo sottovalutati e largamente insoddisfatti. Per i pazienti più fragili la nutrizione è una vera e propria terapia ‘salvavita’, ancora più necessaria in chi è sottoposto a gastrectomia per colpa di un tumore allo stomaco, perché alla malnutrizione comune a tutti i pazienti oncologici, si sommano le alterazioni dei processi della digestione. Il 40% interrompe così la chemioterapia perché troppo debilitato e il 20% non supera la malattia per le conseguenze della malnutrizione. Ecco perché – sottolinea Muscaritoli – è necessaria una valutazione specialistica da parte di un nutrizionista clinico, fin dalla prima visita oncologica, e una presa in carico globale del paziente che tenga conto di interventi di nutrizione clinica adeguati, attraverso quello che viene definito il percorso parallelo metabolico-nutrizionale per il malato oncologico”.
Dati inquietanti che ripropongono anche in questo campo – se mai ce ne fosse bisogno – la centralita della supplementazione nutrizionale nei pazienti post e peri-operatori, il concetto che GHS ha sintetizzato nella sua affermazione della “cura oltre la cura“.
Alcuni fatti importanti